Nel corso della storia della Chambre 3: Tête-à-Tête abbiamo intervistato diversi artisti, tra i quali anche diversi fotografi. Per ognuno di loro, la linea editoriale è stata quella di non offrire una sterile intervista copia carbone che ripercorresse solamente il loro viaggio attraverso la fotografia dalla nascita della passione fino ai loro più concreti sviluppi, ma abbiamo cercato di proporvi un ritratto personale, sofisticato ed intimo dei vari protagonisti dell’universo “Luca Caputo”. Ed è questo che faremo anche quest’oggi con Giada Meli, la firma dei tanti scatti targati “Le Grand Mogol”.
Ciao Giada. Oggi sappiamo che vivi a Milano, e infatti molti dei tuoi portfolio sono ambientati nel bellissimo capoluogo lombardo. Intrigante progetto è quello intitolato “Eclettico Milanese” del numero di Novembre 2019: cosa trovi più affascinante da immortalare nei tuoi scatti delle tante e preziose caratteristiche di quella città?
Passeggiando per le strade meneghine mi sono resa conto di come molti luoghi, ambienti, dettagli, risalenti agli anni Venti e Trenta, tra i miei periodi storici preferiti, siano rimasti intoccati dal tempo, invariati. Sono architetture meravigliose, non smettono mai di affascinarmi: è come fare un viaggio nel passato e rivivere quella che è stata una delle epoche più affascinanti della storia e più splendide dal punto di vista della produzione artistica.
Dei tuoi scatti, delle volte hai amato anche tu rendertene protagonista. I vari autoritratti che ti sei concessa, tuttavia, regalano spesso toni scuri, tenebrosi, ingombranti: nero, rosso, scuri toni di grigio. È una scelta stilistica o è vero che le fotografie rispecchiano l’animo del soggetto rappresentato?
Diciamo che sono vere entrambe, sono senza dubbio delle scelte stilistiche ma anche indissolubilmente legate alla mia personalità. Personalità ovviamente in perenne mutamento e maturazione, ma che affonda le basi in un’adolescenza impregnata di subculture: dagli ambienti artistici prettamente maschili con sottofondo di musica metal all’estetica dark e gotica.
Un altro interessante album che reputo estremamente eloquente è quello denominato “Rebecca”: sulla falsa riga della novella di Daphne du Maurier vengono ritratte delle bellissime donne in contesti pittoreschi. Come nasce, assieme a Luca, l’idea per questo progetto e qual è il ruolo della Moda nella tua fotografia?
‘’Rebecca’’ nasce tra le pareti in cui è stato realizzato: gli ambienti raffinati di Tenuta Mosè ben si sposano con il racconto della du Maurier, tra i preferiti di Luca. Questa storia di donne, di paure, di ossessioni, intima e intensa è sicuramente un terreno fertile. Per quanto riguarda la Moda, per certi versi mi ci sono ritrovata lavorando con Luca, certo l’ho sempre apprezzata e stimata come forma d’arte, ma sono molto legata al mio stile personale, alle mie esperienze dirette.
Un artista della fotografia si nutre ed è goloso di nuove ispirazioni, nuovi scenari, nuovi schemi da immortalare e nuove visioni da proporre: tuttavia, nella galassia di foto che egli può scattare nel corso della sua vita, ce ne sarà sempre uno che conserverà un significato più profondo e vibrante delle altre. Qual è la fotografia alla quale sei più legata?
‘’ Melancholy’’ un mio autoritratto del 2017. Ero in un periodo particolare della mia vita, e stavo realizzando una serie di autoritratti in bianco e nero. Faccio parlare la mia anima in quella fotografia. Sentivo il bisogno di immortalare il mio sguardo emozionato, lucido, spontaneo e vero, senza ritocchi. Ho voluto mostrare senza filtri quanto ero logorata da una storia travagliata con un amore impossibile.
Vittoria M. Podo
In alto: Giada Meli ritratta da Luigi Quarta.
Galleria: È Alta Moda di Giada Meli, Ottobre 2020; Giada Meli ritratta da Luigi Quarta, Rebecca di Giada Meli, Ottobre 2019.
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