Nell’era della tecnica e della tecnologia, nella quale i giovani d’oggi sono totalmente impantanati fino alle ginocchia, c’è un solo mito che serpeggia fra i post e le stories devi vari social network: il mito dell’autodidatta. Chiunque, avvalendosi di profetici tutorial online, si sente in grado di acquisire nuove skills e di guadagnarsi la nomea sociale di esperto in un qualche campo. La questione diventa ancora più complessa quando si tratta di mestieri tanto inflazionati quanto necessari di specifiche competenze, come quelli che riguardano la Moda e l’immagine in generale. Giorgia Crudo, studentessa della MUA – Make-Up Academy di Milano e nuova make-up artist e caporedattrice della Chambre 5: Bellezza de Le Grand Mogol, porta con sé una filosofia improntata sullo studio e sulla competenza, in concorrenza con moderne e diffuse forme di improvvisazione.
Ciao Giorgia. Attualmente sei una studentessa nella grande Milano: anche tu sei stata attratta dal mondo dei tutorial sul web o il tuo interesse per il make-up nasce da altre strade?
La passione è sbocciata tra i pennelli, le tavole di legno, i colori della bottega artigianale di mio padre, la delicatezza e l’attenzione nei gesti di mia madre nel découpage. Questo mondo della manualità e dell’arte è stato il motore che ha dato il via alla mia passione che è sfociata in un altro tipo di arte, ovvero l’amore per l’estetica e la valorizzazione del volto tramite il make up: pittura su pelle. Ovviamente ho visto dei tutorial inizialmente, ma sono lontana più che mai dall’esserne una profonda conoscitrice, tant’è che appena arrivata in accademia non sapevo riconoscere la maggior parte dei “make-up artist” nata e sviluppata sui social.
Per i non intenditori del campo, studiare le tecniche del make-up non sembra un lavoro troppo complesso in termini di effort accademico, complice anche l’alto livello di inflazione di cui, come dicevamo prima, il tema gode grazie alla rete. Qual è il pregiudizio più grande che vorresti sfatare nel campo anche meramente didattico dei tuoi studi?
I make-up realizzati con l’ausilio di un tutorial non potranno mai dare lo stesso effetto di quello visto in video. Ognuno ha una propria forma del volto, con le proprie geometrie, ognuno ha una texture diversa alla quale i prodotti reagiscono in modo diverso: il risultato sarà quanto mai imperfetto sfociando a tratti nel carnevalesco. Io stessa sono incappata in questi errori. La tecnica più difficile a mio avviso, è il counturing, poiché è la più personale e che meglio deve adattarsi ai singoli volti; ad esempio un volto quadrato avendo le prominenze ( zona temporale, zigomo e mandibola) tutte sullo stesso piano, ha bisogno di essere slanciato e ammorbidito, in modo diverso da un altro volto. Bisogna stare attente a riconoscere la propria forma e a saper utilizzare il gioco di ombre e luci attraverso il trucco.
A Le Grand Mogol sei la responsabile del trucco dei modelli che posano nei vari servizi. Nel tuo rapporto con Luca, quali sono le informazioni che vi scambiate quando decidete assieme che tipologia di trucco realizzare?
Luca mi ha sempre lasciato molta libertà d’espressione ed interpretazione. Mi racconta il concept, con l’ausilio di uno sketchbook illustrativo; mi descrive e propone le sue idee e da lì ci confrontiamo. Mi lascia carta bianca, interpreto la sua idea secondo il mio stile e la mia visone personale. Dietro c’è studio. Studio la modella, le geometrie e la composizione del suo volto; oltre che gli abiti, gli accessori e il messaggio che si vuole trasmettere. Poi durante la realizzazione sono aperta a qualsiasi suggerimento e modifica. Però sono una perfezionista, anche se Luca mi concede solo massimo una mezz’ora, se non mi piace quello che vedo resetto tutto e inizio da capo.
Modella: è facile immaginare il risultato post trucco su di una modella: omogeneità estetistica, valorizzazione dei punti di forza e, perché no, una buona dose di autostima che la rende più magnetica davanti l’obiettivo. Ma per i modelli, come funziona l’operazione di make-up? La sua immagine ne ricava qualcosa, o delle volte l’uomo non viene integrato negli step del trucco?
Bisogna favorire la creazione di una cultura del trucco al maschile, siamo nell’epoca della massima libertà di espressione. Ed inoltre se noi donne possiamo utilizzare il trucco come arma, perché gli uomini no? Bisogna essere accorti, comunque, a non cadere in trappole di marketing. Come quelle di alcuni prodotti femminili la cui unica diversità rispetto a quelli maschili, sta nel packaging. Gli uomini hanno un texture diversa e necessitano di prodotti specifici. A Le Grand Mogol ho sempre truccato i modelli; nascondendo le imperfezioni con correttore e cipria e valorizzando con dell’illuminante: una semplice base che fa la differenza.
Tutte le ragazze imparano a truccarsi negli anni della propria adolescenza, ma non tutte, nel corso della loro vita, hanno la possibilità di confrontarsi con dei maestri e con dei libri di testo alla scoperta della vasta dottrina del trucco. Com’è cambiato il tuo rapporto con il trucco dopo aver intrapreso il tuo percorso di studi? Sia nelle scelte che personalmente compi nel tuo stile, sia nell’approccio alle persone di cui ti occupi.
Inizialmente, nel mio approccio al maquillage, ero influenzata dalle mode e dalla cultura di massa e luoghi comuni dettati dall’inesperienza: il classico eyeliner nero, ombretti shimmer per un risultato perlato ed appariscente, rossetti, gloss e chi più ne ha più ne metta. Con il tempo, approcciandomi alla professione, ho rivisto il mio rapporto con il make-up; rendendolo più sano, naturale ed equilibrato. Ho capito in particolare che la differenza sta non nel cosa metti, ma nel come e dove lo metti. Già solo parlando di base realizzata con highlighting e contouring, ci solo oltre mille modi, con semplici giochi di luci ed ombre, per valorizzare i lineamenti di un viso.
Vittoria M. Podo
In alto: Giorgia Crudo ritratta da Giada Meli
Galleria: ritratti di Giada Meli, foto tratte da Instagram (Florian Sommet).
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