Ogni rivista che si assume l’onore e l’onere di trattare di una qualche tipologia d’arte, non può, o non dovrebbe prescindere dall’avere un occhio particolarmente lungimirante nello scrivere di giovani intraprendenze e ancora troppo poco conosciute individualità artistiche.
Per tale motivo, per noi è un piacere intrattenerci assieme a Leonardo Ligorio, 29enne dal profondo Salento, che con passionale tenacia e decisa dedizione cuce, giorno dopo giorno, le trame del suo sogno.
Con un repentino approccio formativo alla moda, sin dalle superiori frequentando l’Istituto di Moda di Lecce, continua i suoi studi all’Istituto Cordella di Lecce completando, al giorno d’oggi, il suo curriculum con un corso di Moda e Design.
Le domande che abbiamo la possibilità di rivolgergli avranno come obiettivo quello di mettere sotto i riflettori il nostro intervistato, ma sotto una luce particolare: quella che si riserva a chi ha alle spalle una gavetta e mira ad un futuro denso e sgargiante, come dense sono le tonalità dominanti nelle sue collezioni.
Ha detto che il suo sogno di affermarsi nel campo della moda è un’affettuosa continuazione del sogno di sua madre, che per contingenze di vita non è riuscita a portare avanti. Un po’ come Yves Saint Laurent che a 3 anni indicava alla zia come vestirsi, qual è il primissimo ricordo che lei conserva legato al mondo della moda?
Sicuramente le piccole cose. Proprio le più elementari tra cui semplicemente l’ utilizzo dell’ago e del filo , oppure un altro ricordo legato a quei tempi è l’ insegnamento del ricamo con perline e pailletes.
Le sue collezioni sono pervase da vividi e vibranti colori dal rimando mediterraneo, con modelle brune cinte da pizzi neri e da rose rosse ad adornare i capelli. Il riferimento concettuale è chiaramente il Salento, sua terra d’origine. C’è una connotazione particolare della nostra terra che più di tutte la ispira?
Da come si può notare un pò in tutte le collezioni,cerco di portare soprattutto la mia terra e le mie radici. Perché ho un sentimento profondo legato al territorio e a tutto ciò che mi circonda.
Il suo talento creativo e la sua verve intraprendente le hanno fatto ottenere anche degli apprezzamenti da parte di nomi di un certo rilievo, come quelli di Simone Guidarelli, stylist di Vanity Fair. Tra i grandi nomi, quali si sente di dover ringraziare per essere stati colonna portante per l’edificazione del suo stile personale?
Riuscire ad avere apprezzamenti e riconoscimenti per quello fai è un passo per capire che stai andando nel verso giusto. Quindi ci terrei a ringraziare tutti coloro che credono sempre in me. Soprattutto i miei insegnanti, che sono delle colonne portanti. Carol Cordella, Manuel e tutto lo staff. La mia famiglia che è alla base di tutto; e tutti coloro che mi seguono e sostengono sempre.
Soggetto imprescindibile dei suoi shootings e destinatarie principali delle sue attenzioni inventive sono le donne. Qual è il capo d’abbigliamento a cui lei guarda con maggiore interesse e che trova estremamente emblematico per il corpo femminile?
Sicuramente sarà scontata e banale come risposta ma a parer mio il capo che suscita interesse nella donna, a volte legato a tradizioni del posto , citazioni e metafore collegate ad esso, e che sicuramente suscita curiosità ed interesse nel sesso maschile, é il classico tubino nero. Un capo che non dovrebbe nell’armadio di ogni donna.
Chi lavora nel campo della moda opera in stretta relazione con l’individualità e i paradigmi intimi e interni dei suoi clienti. Qual è, secondo lei, il requisito o l’attitudine che non dovrebbe mai mancare in uno stilista?
Sicuramente la nostra visione del cliente è soggettiva, ma riuscire a carpire la sua anima e tirarla fuori dandole vita nel migliore dei modi è un punto a nostro favore.
Per ultimo, desideriamo offrire ai nostri lettori la possibilità di seguirla nei suoi prossimi progetti.
Tanti i progetti in cantiere, a partire da Roma il primo settembre , passando per Milano Fashion Week.
Consiglio ai lettori di seguirmi sui social.
Vittoria M. Podo
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