Data: 9 Agosto 2022, in prima pagina sul New York Times. Il logo in caratteri gotici troneggia sul frontespizio; ma le colonne sono scomparse. Il resto della pagina è coperto da un materiale rigido lavorato a plissé. Le linee a zig zag, le geometrie, i chiaroscuri della lavorazione, si sposano con la profondità del colore nero. Questo l’omaggio per la scomparsa dello stilista Issey Miyake che si è spento il 5 Agosto a Tokyo all’età di 84 anni a causa di un carcinoma epatocellulare. Lui faceva parte del trio di stilisti giapponesi assieme a Rei Kawakubo e Yohji Yamamoto; che ha profondamente segnato il Fashion System della capitale francese, e non solo. Miyake era diverso. Lui era meno concettuale, più pragmatico; meno dissacrante. Una Moda senza orpelli la sua, ma con una preziosa e scarna originalità.
Sopravvissuto al bombardamento di Hiroshima, dalle passerelle parigine ha affascinato tutto il mondo con le sue proposte: dagli abiti plissé ai giochi di colore. Estremamente pragmatico Miyake puntava soprattutto alla funzionalità, alla portabilità dei suoi abiti; che celavano dietro approfonditi studi sui materiali e costruzione. Senza tergiversare in encomiastiche teorie sulla sua moda, il plissé rimane la sua firma. Quella lavorazione racchiudeva la quint’essenza del suo stile: costruito ma malleabile, interessate ma non barocco. Nelle sue creazioni si affacciavano, in comunione, occidente e oriente.
Alla notizia della sua morte si avverte un amaro in bocca. La scomparsa di un tale genio non può che lasciare un’enorme vuoto.
«Non sono né uno scrittore né un teorico. Per una persona che crea cose, pronunciare troppe parole vuol dire regolare se stesso, ed è una prospettiva spaventosa»
Issey Miyake
Luca Caputo
In alto: foto tratta da Flickr,
Galleria: foto tratte da Gazzetta di Parma, Archilovers, Poems&Passports.
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