Alcune stanno in posa rigide. Altre, con un movimento, catturano un’istante impresso su pellicola. Altre si pongono con disinvoltura di fronte all’obbiettivo; consapevoli che i loro sorrisi avrebbero ornato le copertine dei maggiori magazine del mondo. Ma andando oltre l’apparenza, i discorsi, le idee e l’ appartenenza politica e ci si sofferma a guardare quello che c’è intorno, scopriamo un mondo ai più sconosciuto, dove ogni oggetto: i quadri, l’ oggettistica, le tende, la carta da parati; rivelano un’aspetto personale di chi le ha scelte; che si confronta giornalmente con il peso della storia e con la sacralità del luogo. Gli ambienti, le stanze del 1600 Pennsylvania Avenue sono un connubio di storia. Un’incontro tra la storia pubblica di un paese e la storia privata delle famiglie che le hanno abitate, ed in particolare delle donne che hanno provveduto a risistemare a proprio gusto; calibrando le loro decisioni con la portata storica di ciò che stavano per modificare. La casa del popolo, la White House, dove sono loro, le mogli dei Presidenti degli Stati Uniti d’America; le First Lady, le padrone di casa.
La Casa Bianca è un simbolo. Ogni stanza, ogni angolo è custode di un sunto di storia, eppure le First Lady, hanno la libertà di apportare delle modifiche secondo le loro esigenze e quella della loro famiglia: è proprio questo; questo rinnovamento che convive col passato, questo equilibrio tra pubblico e privato che si rispecchia nel design d’interno, che raggiunge alti risultati e che continua ad affascinare.
La prima ad occuparsi della ristrutturazione dell’interno della White House, fu la First Lady Jacqueline Kennedy, che appena insediata, lamentò la carenza di gusto e di valore storico nel mobilio e nei manufatti. Grazie a Henry Francis du Pont del Museo di Winterthur, la casa recuperò grazie ad un programma apposito, numerosi oggetti, che una volta decoravano gli ambienti originali ma che erano andati perduti; altri furono donati da ricchi filantropi, tra cui la famiglia Crowninshield, Jane Engelhard, Jayne Wrightsman e la famiglia Oppenheime. Il gusto francese dei Presidenti Madison e Monroe, rivisse nella ristrutturazione Kennedy, sotto l’occhio attento e il raffinato gusto della First Lady e di Stéphane Boudin della House of Jansen, una società di interior design di Parigi che si era occupato della ristrutturazione di innumerevoli regge europee e palazzi presidenziali.
Jacqueline Kennedy portò un nuovo stile alla Casa Bianca. Raffinato, sfarzoso ma elegante, l’intero lavoro fu presentato in un tour televisivo nel San Valentino del 1962.
Per rispetto del carattere storico dalla ristrutturazione Truman non sono state apportate modifiche sostanziali all’architettura. Dopo la ristrutturazione Kennedy, ogni famiglia presidenziale ha apportato alcune modifiche ai quartieri privati della Casa Bianca, ma il Comitato per la conservazione della Casa Bianca deve approvare qualsiasi modifica alle Sale di Stato. Incaricato di mantenere l’integrità storica della Casa Bianca, il comitato del Congresso autorizzato, collabora con la First Lady con il curatore della Casa Bianca e con il capo usciere, per attuare le proposte della famiglia di modificare la casa.
Fu in seguito la First Lady Pat Nixon che ristrutturò la Green Room, la Blue Room e la Red Room, lavorando con Clement Conger. Durante la ristrutturazione Nixon, la Blue Room vide la sua carta da parati stile impero, sostituita da una più raffinata con motivi arabeschi, fino alla più recente ristrutturazione Clinton che le ha ridonato un gusto più Impero Francese.
Ma è nelle sale private che avendo carta bianca, le First Lady posso creare un loro vero e proprio stile. Dai colori pastelli di Jacqueline Kennedy ai caldi e ricercati toni di Nancy Reagan, gli influssi moderni ed esotici di Michelle Obama, fino ad arrivare al nuovo Giardino delle Rose di Melania Trump, recentemente presentato.
Storia, gusto e vera vita; non museale, rendono questa residenza presidenziale, un luogo unico al mondo.
Luca Caputo
In alto: foto tratta da Newsweek.
Galleria: foto tratte da WTOP.com, Architectural Digest, USATODAY.com.
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