L’ansia spasmodica derivante da un pressante e poco fluido mondo del lavoro porta oggi i giovani, e i meno giovani, a cercare orizzonti lontani, a gettare l’ancora aldilà della propria terra, ad arrendersi all’idea che quanto più lontano si approdi, più possibilità si abbiano di dare una risposta alle proprie esigenze. Ma se si guarda attentamente e se ci si allea con chi lo sguardo lo ha si lungimirante, ma non rinuncia a rivolgerlo ai nostri campi e alle nostre rive, si scopre che è possibile avvalersi della leggendaria tradizione manifatturiera salentina per apprenderne e utilizzarne le tecniche, diventando una risorsa lavorativa raffinata e ricercata. È questo l’obiettivo che si sono dati gli enti e le personalità fondatrici del Politecnico del Made in Italy, l’Istituto di Alta Formazione Tecnica e Gestionale oggi con sede a Casarano e in altri poli di formazione pugliesi.
La realizzazione del vostro progetto di formazione comprende, tra i suoi caratteri fondamentali, un ancoraggio alle terre della Puglia e la collaborazione continua e radicata con enti e istituzioni territoriali. Quanto è importante questa sinergia per il prosieguo di progetti di questo tipo?
Questa sinergia è importantissima però devo lamentare la scarsa sensibilità delle istituzioni. Pensi che nell’immobile laddove operiamo, pur essendo noi un consorzio senza fini di lucro, paghiamo il canone di fitto, seppur in maniera ridotta, alla Regione Puglia anche essendo i locali di proprietà della stessa. A dispetto di tale poca attenzione noi continuiamo imperterriti nel fornire il servizio. Ultimamente ci siamo aggiudicati tre bandi: uno per modellista della calzatura, uno per modellista abbigliamento ed uno di tempi e metodi. Da parte mia quale Presidente del Politecnico ho provveduto personalmente a dare le fideiussioni alla Banca Popolare Pugliese che a sua volta doveva garantire la Regione sull’affidabilità del nostro Consorzio.
Il vostro obiettivo è quello di fornire una formazione valida e professionale ai vari attori che, di concerto, partecipano alla realizzazione di un piano produttivo. Quali sono i pericoli di un personale, sia operaio che manageriale, privo di un’adeguata formazione che si accinge a ricoprire determinati ruoli in un’azienda di alto profilo come quelle cui voi vi rivolgete?
Oggi le aziende del Made in Italy necessitano di personale qualificato, nella mia azienda spesso la formazione la facciamo da noi, affiancando alle nostre persone senior le new entry ma nelle aziende di minore dimensione è necessario che queste figure vengano formate, seppur in maniera generale, da personale qualificato. Non è possibile assumere, specialmente personale operaio, che non abbia mani sapienti perché si tratta di fasi di lavorazione molto delicate e di alta precisione. Poi immaginiamoci del personale manageriale che dovesse entrare in ditta a digiuno di nozioni o di conoscenza dei fondamentali. Ciò potrebbe avvenire solo nel reparto amministrazione e forse nell’organizzazione commerciale ma assolutamente no nei reparti tecnico-produttivi.
La vostra lungimiranza non si ferma, tuttavia, a dare supporto agli individui da voi formati, ma ha in programma di offrire dei servizi anche direttamente alle aziende tramite sussidi di tipo trasversale, che vanno dal classico fornimento di personale alla gestione di attività di crowfunding e crowsourcing. In particolare, qual è la ratio che vi ha portato a rivolgere un occhio alle esigenze aziendali, oltre che a quelle formative del personale?
Stiamo cercando di creare fiducia nei nostri consorziati sulle potenzialità del Politecnico per offrire loro servizi sulla sicurezza ,sulla ricerca, sugli assetti strutturali, sull’organizzazione delle catene produttive, sulla ricerca di partnership, sulla cooperazione intensa tra di loro su prodotti complementari e non in concorrenza ecc, ecc.
Il vostro obiettivo finale, conseguito in particolar modo attraverso attività di placement, è rivolto ai giovani che intendono farsi portatori di competenze tecnico-manageriali con una spiccata vertenza all’esportazione dello stile italiano nel mondo. L’utenza che si rivolge a voi, tuttavia, non è formata unicamente da giovani: quali sono, grosso modo, le percentuali nelle quali è frammentato l’insieme di aspiranti professionisti che intendono formarsi da voi?
Mediamente l’età di chi si rivolge a noi è tra i 20 ed i 35 anni e posso dire che per i pochi corsi che ci sono stati finanziati o sostenuti a spese del Politecnico ed in parte dagli iscritti la percentuale di placement è stata del 90%. Posso dire che siamo un caso raro per il meridione d’Italia, meriterebbe molta più attenzione.
La vostra è una politica di “attenzione al dettaglio”, ovvero di consapevolezza che per la creazione di un prodotto qualitativamente perfetto bisogna partire dal conferire massima qualità ai suoi più piccoli componenti. Anche il territorio nel quale operate, tuttavia, rappresenta un fattore che integra e arricchisce nel complesso le vostre attività. Quale dettaglio, o serie di dettagli, sono particolarmente e territorialmente decisivi e quali sono i pregi che la nostra regione offre nell’ambito manifatturiero che la differenziano dalle altre?
La manifattura del Made in Italy specialmente sartoria, calzatura, affonda meglio le sue radici in posti belli perché è li che si producono cose belle. La Puglia ed in particolare il Salento è un posto bello, ricco di giovani scolarizzati con una certa tradizione sartoriale.
Agli inizi degli anni sessanta quando il Nord Europa ed il Nord Italia smantellavano le loro industrie manifatturiere dell’abbigliamento causa gli alti costi del lavoro e causa le profonde rivendicazioni sindacali, il Salento fu in grado di accogliere queste produzioni; dapprima in aziende medio/grandi e poi subito dopo ,anche se queste aziende demorsero, in una miriade di piccoli laboratori che da queste sorsero. Questi laboratori quasi tutti erano capeggiati da ex operaie maestre di produzione ed altresì tecnici di queste medio/grandi aziende che si accingevano a chiudere battenti; di conseguenza la formazione era a cascata e queste piccole aziende furono una manna per tanto personale inoccupato del quale il Salento era ben fornito. Ad agevolare questo incremento occupazionale contribuirono anche i cosiddetti contratti di gradualità che permisero di pagare per un certo periodo, con il consenso dei sindacati, cifre al di sotto del CCNL. In seguito alla dilatazione spaziale dell’attività economica ( globalizzazione ) la maggior parte di queste entità produttive non potendo concorrere con i bassi costi del made out furono costrette a chiudere battenti; ma alcune di esse resistettero rivolgendosi a tecnici di alto profilo provenienti da grandi case di Moda del lusso italiane ed estere che aiutarono l’imprenditore a riposizionare l’impresa verso prodotti più di alta gamma. Il sacrificio fu sostenuto dalle imprese; con le istituzioni che invece si limitarono a decretare la fine del labour intensive, mentre a dispetto, invece, oggi il Salento è rifiorito alla grande, e gli imprenditori audaci e testardi hanno avuto così modo di vedere ricompensati i loro sacrifici senza essere aiutati da nessuno e smentendo la favola del Salento piagnone. Poi addirittura alcuni di loro hanno colto la sfida del Politecnico del Brenta (famosa Scuola di Alta Formazione Calzaturiera del Veneto) associandosi e autotassandosi per creare la scuola Politecnico del Made in Italy che, a dispetto delle cassandre, sta dando un apporto significativo alla rinascita del territorio.
Vittoria M. Podo
In alto: foto tratta da Zoe Magazine.
Galleria: foto tratte da lelephant-larevue.fr., Pinterest.de, Flickr.
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