‘’ Ah, è il mio unico amore, tesoro! Io vivo per le pellicce, adoro le pellicce!
E del resto, esiste una sola donna in questo orrido mondo che non le adori? ’’
Come affermava Crudelia De Mon, non esiste altro capo più desiderato, più sontuoso; elegante per natura, caloroso e simbolo di un’ aristocrazia senza tempo. La figura stessa del personaggio, avvolta nell’iconica e candida pelliccia di castoro, oppure nei vari remake cinematografici, vestita da Anthony Powell con splendide creazioni Haute Fourrure, rimane l’emblema del lusso più spregiudicato e della raffinatezza più sublimata. La pelliccia, osannata dalle varie creazioni di Lagerfeld per Fendi, dalle sciure milanesi a Yves Saint Laurent, è la fibra più naturale in assoluto, preziosa, magnetica ed irresistibile; da adesso anche etica. Dopo anni di disprezzo, vittima delle proteste ambientaliste, la pelliccia più che diventare etica si è riscoperta etica.
Siamo nell’epoca dell’invasione delle pellicce sintetiche realizzate con materiali chimici che prima trionfano sui mercati ( oramai anche le passerelle di Chanel ne sono invase insieme ai nuovi materiali che provengono dai prodotti naturali dell’industria agroalimentare, in sostituzione delle pelli esotiche) e poi stagnano nelle discariche. Attuazione di una filosofia usa-e-getta.
Il tramandare da madre in figlia fino alle generazioni successive, un capo di pelliccia che si è amato, sempre intramontabile e che una volta scartato, dopo molti anni d’uso, sarà completamente biodegradato in pochi mesi; è la nuova risposta, assolutamente earth-friedly, alle problematiche ambientali che affliggono il nostro pianeta.
Quindi lasciamole sfilare per le strade di Cortina, Courmayeur e Sankt Moritz, possono di nuovo camminare a testa alta, perché sono loro le vere regine.
Luca Caputo
In alto: foto tratta da Fendi.com.
Galleria: foto tratte da fouremotions.com.
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