Piccole luci variopinte che si intricavano in ricami di luminarie. L’alto campanile dai merletti barocchi; i piccoli ma preziosi porticati, le volte decorate e un pulpito di santi in pietra tra putti scolpiti. Le modelle che, come libellule, vagavano nella piccola piazza, incastonata come un diamante tra le viuzze del centro storico. I canti ritmici e i passi eccitati delle ballerine di pizzica, tra le luci soffuse a spezzare la penombra. Sotto del cielo di una serata leccese; nell’aria c’è magia. Ed è quella di Dior.
Una magia che riporta alla mente i grandi balli a Versailles con dame incipriate; ben lontane dalle rimatrici di nero vestite, sugli stipiti delle porte in sperduti paesi del capo di Leuca. Una magia che richiama l’odore di delicati giardini inglesi e non di aspre coste pugliesi. Ma il passato, la sua conservazione, il viverne attraverso e con esso; è senza dubbio quello che più di ogni altra cosa avvicina una terra unica, come il Salento, alla maison Dior. Una donna unisce le due tradizioni; la prima donna e la seconda italiana ad essere direttrice artistica della maison, e da poco tempo, Presidente del gruppo strategico per la ripartenza socioeconomica della regione Puglia: Maria Grazia Chiuri; originaria, da parte di padre, di Tricase, nel capo di Leuca, Provincia di Lecce.
Solo”Grazie” si può dire a Maria Grazia, a nome di una terra a cui ha regalato quello che aveva bisogno: luce; portata dall’arte e dalla Moda, in una territorio, per molti versi, ancora oscuro; intriso di gelosie e arretratezze. Certo un evento realizzato in tempi difficili, assediati dalle paure post COVID-19; che non ha mancato di suscitare polemiche: dalle luminarie di Marinella Senatore che effettivamente, anche se parte della nostra tradizione, mal si intonavano ad un luogo così raffinato come il duomo di Lecce; contribuendo a far fiorire un immagine dell’Italia e del Meridione in particolare, certo riconoscibile ed iconica, ma anche stereotipata (il duo di stilisti Dolce & Gabbana da anni le utilizzano nelle installazioni dei loro eventi). Fino alle critiche dettate dall’invidia e dall’ignoranza, che già avevano ostacolato altri meritevoli progetti. Celebre il caso del Twiga di Flavio Briatore ad Otranto.
In una terra che ha ancora il sapore del sangue dei contadini che si spaccavano la schiena a lavorare sotto il sole cocente; di donne che vivevano nell’ingiustizia, le cui bocche veniva chiuse con violenza dai mariti; dell’arroganza dei signori a scapito delle classi più deboli; dell’arretratezza della gente mista al misticismo e ad uno spiccato folclore; il 22 Luglio 2020, tra frasi che inneggiavano al femminismo in luminarie simili ad opere d’arte: un gruppo di donne libere, sfilava sul sacro sagrato. Belle, tra i canti delle tarantate (i canti delle ‘’pazze’’ di una volta), sfilavano fasciate negli abiti ornati con ricami al tombolo dell’associazione le Costantine di Uggiano la Chiesa. I fazzoletti sui capi, una volta simbolo di oppressione, divenivano in un simbolo di riscatto. Gli abiti, un trionfo di luci e fiori, che richiamavano i disegni di Pietro Ruffo creatore di un‘idea di Miss Dior campestre e salentina. Il finale sulle note di Giuliano Sangiorgi. In prima fila Chiara Ferragni ed Anna Dello Russo. Una rinascita, affinché nulla vada perduto.
Luca Caputo
In alto: foto tratta da Repubblica Bari.
Galleria: foto tratte da Fashion Press, Donna Fanpage, Amica.
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